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Poeti e scrittori innamorati “gattari” di Roberto Allegri

Ha scritto Gabriele D’Annunzio nel Notturno: “E quanti altri esempi di attenzione infantile verso ogni specie di animali! Cercavo l’orecchio nel pesce, spiavo certi errori d’un condottiero di anatre; perseguitavo la scelleratezza dei conigli, la ferocia delle cavallette verdi; sussultavo alle strida strazianti dei gatti.” Parole che rivelano come il Vate subisse molto il fascino degli animali, in particolare quello dei gatti dai quali traeva spunto e ispirazione.

In effetti è molto stretto il legame tra la poesia e i piccoli felini. Incantati dalle loro movenze eleganti, dal carattere indipendente, dall’affetto che riescono ad esprimere, grandi poeti di tutti i tempi hanno dedicato versi innamorati al loro animale. Forse anche per via dell’antica credenza che vuole un manoscritto morso da un gatto destinato al successo. Ha scritto Jean Burden, poeta contemporaneo americano: “Un cane è prosa, un gatto è poesia.”.

Una delle più antiche poesie dedicate al gatto fu scritta in lingua gaelica da un anonimo monaco irlandese dell’VIII secolo e si intitola Pangur Bàn cioè “più bianco del bianco”. Il celebre poeta e scrittore Aldous Leonard Huxley (1887-19075) disse ai suoi allievi che gli avevano chiesto il segreto per avere successo in letteratura: “Se volete scrivere, tenete con voi dei gatti”. Il grande Pablo Neruda (1904-1973), vincitore del premio Nobel nel 1971, era un appassionato “gattaro”, e lo era anche Charles Baudelaire (1821-1867), il sommo poeta francese autore de I fiori del male. Scrisse Baudelaire: “Come le grandi sfingi che indugiano attraverso l’eternità in nobili atteggiamenti sulla sabbia del deserto, i gatti osservano tutto senza curiosità, calmi e saggi.”

Il poeta inglese Cristopher Smart (1722-1771) fu protagonista di una storia particolare insieme al suo gatto Jeoffry. Smart venne internato in un ospedale per malati di mente per otto lunghi anni, ma riuscì a sopportare gli orrori della prigionia e la solitudine solo grazie a Jeoffry, che con il suo affetto lo salvò dal baratro della disperazione. L’opera di Smart Jubilate Agno raccoglie infatti versi di straordinario amore per il piccolo amico.

Amanti dei gatti erano anche il poeta romantico inglese William Wordsworth (1770-1850) ed Heinrich Heine (1797-1856). Il nostro Torquato Tasso (1544-1595), uno dei più grandi poeti del Cinquecento, scrisse Sonetto per i miei gatti, in cui chiedeva alla sua micia di prestargli gli occhi, per poter scrivere anche di notte. E anche l’immortale Francesco Petrarca (1304-1374) amava teneramente il proprio micio. Purtroppo l’autore del “Canzoniere” morì prima del suo animale. La leggenda racconta che gli amici, dimostrandosi crudeli e senza sensibilità, uccisero il gatto per seppellirlo accanto al padrone e sulla lapide della povera bestiola misero un epitaffio, che Petrarca stesso aveva scritto pensando a lui. L’iscrizione diceva: “Secondo solo a Laura”. Il poeta e premio Nobel Thomas S. Eliot (1888-1965) scrisse molte poesie sui gatti. A quei versi si ispira il famosissimo musical “Cats” di Andrew Lloyd Webber, lo spettacolo teatrale più replicato di tutti i tempi. Scrisse Eliot: “Se il gatto decide di adottarvi non c’è nient’altro da fare se non prendere atto della situazione e aspettare che il vento cambi.”

Poeti innamorati dei gatti; ma anche tanti scrittori, ad esempio Ernest Hemingway. Una foto che ritrae l’autore, vincitore del Nobel, ha fatto il giro del mondo. Hemingway è seduto nel suo studio nella Finca Vigia, la villa che possedeva a Cuba. La luce che entra dalla grande vetrata alle sue spalle illumina la scrivania, piena zeppa di carte, fascicoli, cartelle, taccuini. Lo scrittore è davanti alla macchina da scrivere e con una mano accarezza un gatto che cammina sui fogli. La coda del micio è tenuta alta, con la punta ripiegata nell’atteggiamento amichevole di chi saluta ed è quindi facile immaginare la scena. Hamingway sta lavorando quando uno dei suoi gatti viene a fargli visita, salta sul tavolo e lo saluta, magari cercando tra le carte un posticino dove addormentarsi. Lo scrittore allora interrompe quello che sta facendo per contraccambiare le attenzioni del piccolo amico. Hemingway amava moltissimo i gatti. Nella finca di Cuba aveva fatto costruire una torre per i suoi animali. Al piano superiore c’era il suo studio e in quello inferiore le cucce per i suoi trenta gatti. Quando era in giro per il mondo, in Africa o in Spagna, telefonava spesso a casa per avere notizie dei suoi mici. In particolare era affezionato a Crazy Christian, Friendless’ Brother e Ecstasy. Scrisse in una lettera: “I gatti dimostrano di avere un’assoluta onestà emotiva. Gli esseri umani, per una ragione o per l’altra, quasi sempre riescono a nascondere i propri sentimenti. I gatti no.” I discendenti dei gatti di Hemingway abitano nell’ Hemingway House Museum in Florida e hanno tutti una curiosa caratteristica: nelle zampe anteriori hanno sei dita invece di cinque.

Robertson Davies, autore canadese, ha cercato di spiegare l’amore degli scrittori per i gatti. Ha scritto: “Agli scrittori piacciono i gatti perché sono creature tranquille, amabili e sagge. E ai gatti piacciono gli scrittori per la medesima ragione.”

Anche lo scrittore americano Mark Twain (1835-1910) adorava i gatti. Scrisse molte storie per bambini con mici dai nomi strani come protagonisti e una volta disse che “una casa senza un gatto, ben nutrito, vezzeggiato e giustamente riverito, forse è una casa perfetta. Ma come può legittimare questo titolo?”. Rudyard Kipling (1865-1936), autore de Il libro della giungla, ha scritto spesso di gatti; Gary Snyder, vincitore del premio Pulitzer, ha composto versi che raccontano del suo incontro con un povero micio randagio, e anche sir Winston Churchill (1874-1965), premio Nobel per la letteratura nel 1953, adorava lavorare in compagnia del suo gatto. Durante gli ultimi anni della sua vita Jack Keruac (1922-1969) visse in compagnia di una intera famiglia di gatti. Si era affezionato in particolare al micio Tyke, che considerava come un fratello e quando l’animale improvvisamente morì, lo scrittore cadde in una profonda e cupa depressione. Impazzivano per i gatti Checov, sir Walter Scott, Miguel de Cervantes e Alexander Dumas. L’autore de I tre moschettieri affermò più volte che il gatto deve essere sempre trattato come un aristocratico. E ancora Sidonie-Gabrielle Colette, l’autrice di Gigi, che si faceva sempre ritrarre insieme alla sua gatta e la celebre scrittrice di gialli Patricia Highsmith, letteralmente innamorata dei suoi gatti siamesi.

Roberto Allegri

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