Uno spot poco educativo.
Due studenti in auto si dirigono all’università per sostenere un esame. Ad un semaforo passa loro davanti un gatto nero. Ed è subito panico! E’ il nuovo spot pubblicitario di una nota azienda che aiuta gli studenti a superare gli esami. Un siparietto divertente ma che lancia un messaggio sbagliato e cioè che il gatto nero porti sfortuna. “Non è un messaggio educativo” ha dichiarato l’ENPA, l’Ente Nazionale Protezione Animali che ha anche chiesto di ritirare lo spot dalle programmazioni televisive. “Si rischia di rafforzare nei giovani la convinzione che i gatti neri siano davvero portatori di jella”. Quella dell’ENPA è una presa di posizione che a mio avviso è legittima.
Troppo spesso infatti si scherza su questioni che invece sono drammaticamente serie. Nel nostro Paese sono ancora moltissime le persone convinte che i gatti neri portino con loro la malasorte e si tratta di credenze talmente radicate che è quasi del tutto inutile cercare di usare la logica.
Quando si dice che la questione è drammatica, non si esagera. I volontari delle varie associazioni animaliste confermano l’alto numero di gatti neri abbandonati proprio perché creduti “sfortunati”. Non solo ma è anche tragicamente reale l’abitudine di certi automobilisti di investire gatti neri, convinti che in questo modo si allontani da loro la jella. Gli amanti dei gatti – ma anche le persone dotate di buon senso – non possono che inorridire al sentire simili notizie.
Che fare, se la mentalità generale non ce la fa ad evolversi? Come agire, se nel 2005 sopravvivono ancora le credenze del Medioevo? Che il considerare un gatto nero “jettatore” sia una stupidità, lo dimostra il fatto che nei Paesi anglosassoni è vero il contrario. In Inghilterra, ad esempio, il gatto nero porta bene. In un suo libro, lo zoologo Desmond Morris, un’autorità mondiale in fatto di gatti, spiega da cosa nasce l’abitudine di ritenersi fortunati se un micio nero entra in casa. Morris racconta che nell’antico Egitto la visita di un gatto nelle abitazioni era sempre festeggiata perché significava avere lontani i topi. Col tempo questa credenza, esportata in Europa, venne applicata ai soli gatti neri e rimase valida anche in epoca Medioevale, quando la Chiesa dichiarò guerra a tutti i piccoli felini perché amici del diavolo. E’ bene ricordare che tra il 1000 e il 1700 vennero uccisi milioni e milioni di gatti in nome della fede e c’è chi sostiene che fu anche per questo irresponsabile massacro che dilagarono le epidemie di peste: se ci fossero stati i gatti a cacciare i ratti, portatori della malattia, la peste avrebbe fatto meno vittime. Desmond Morris continua spiegando che in quel periodo anche in Gran Bretagna si consideravano i gatti neri creature demoniache ma c’era la convinzione che restare illesi dopo averne incontrato uno significava avere una grandissima fortuna. Da ciò, i gatti col pelo scuro diventarono degli amuleti. Ancora oggi nella contea dello Yorkshire la gente è convinta che se un gatto nero entra di buon mattino in camera da letto, la giornata sarà splendida e fortunata. E se a vedere il gatto è una ragazza giovane, significa che presto si sposerà. Esiste infatti il detto “Quando il gatto di casa è nero, alle ragazze non mancheranno gli spasimanti.”
Secoli e secoli di superstizione hanno però reso i mici neri scaltri e guardinghi. Tra i gatti europei, razza che può presentare una moltitudine di colorazioni del mantello, i neri sono quelli più decisi e quelli che sanno meglio di tutti adattarsi alle difficoltà. E’ stato rilevato che più della metà dei gatti randagi presenti nelle città, dove la vita è difficile, è proprio di colore nero.
Roberto Allegri