La persecuzione del gatto
Una storia di dolore
Guardo i miei gatti addormentati. Li vedo sicuri, li vedo lasciarsi andare, abbandonarsi al riposo più completo. Se ne stanno a pancia all’aria, completamente indifesi ed è il segnale che si fidano e che hanno la certezza di essere protetti. Questa è la condizione di quasi tutti i gatti che vivono in casa. Sono dei piccoli despoti che dettano legge e che sono circondati anzi sommersi da affetto e cure. Ma purtroppo non è sempre stato così.
C’è stato un periodo buio di ignoranza e malafede in cui i gatti erano considerati un terribile nemico da abbattere, un pericolo per le persone talmente spaventato da dover essere distrutto con ogni mezzo. La gente, accecata dalla superstizione, dagli insegnamenti sbagliati di chi la governava e dal terrore per l’ignoto, sfogava il malcontento e le paure più nascoste contro poveri animali indifesi.
In Europa, dal 1000 al 1700, milioni di gatti sono stati massacrati perché ritenuti creature demoniache. Dal momento che per secoli questi animali erano stati oggetto di culto da parte dei pagani, la Chiesa cristiana pensò bene di farne il simbolo dei nemici della fede. Divennero così l’incarnazione del diavolo.
Nacquero in quel periodo una gran quantità di leggende e storie fantasiose che dipingevano il gatto, specie se di pelo nero, come un famelico mostro divoratore di anime. San Domenico, ad esempio, identificò Satana proprio in un gatto nero. Sta scritto negli atti della Canonizzazione del santo che un testimone lo vide scacciare un enorme gatto scuro con gli occhi fiammeggianti e con una lingua fatta di fuoco. Un’altra leggenda narra che il diavolo costruì un ponte e reclamò per sé la prima creatura che lo avesse attraversato. Ma San Cadoco lo ingannò donandogli un gattino nero invece dell’essere umano che il diavolo avrebbe voluto.
Nel 1233 papa Gregorio IX emanò la bolla “Vox in Rama” con la quale dava inizio all’Inquisizione. Il pontefice, tra l’altro, autorizzava lo sterminio nel nome di Dio di tutti i gatti, specialmente quelli neri. In questo modo, ogni cristiano che volesse fare “la volontà di Dio” era autorizzato ad infliggere strazianti pene e poi ad uccidere qualsiasi gatto gli capitasse a tiro. A milioni furono i gatti bruciati vivi, scorticati, bastonati, crocefissi oppure gettati dai campanili delle chiese durante le feste consacrate.
Tra le folli convinzioni di quell’epoca vi era quella che sosteneva che seppellendo un gatto vivo sotto la soglia di casa si assicurava la solidità dei muri. E un’altra diceva che uccidere un gatto dopo la mietitura era il sistema migliore per assicurarsi un ottimo raccolto l’anno dopo. Ancora, per preservare il bestiame dalle malattie si doveva bruciare vivo un gatto e fare passare le pecore attraverso il fumo. Inoltre, la cenere dei gatti arsi sulle piazze veniva conservata nelle case come portafortuna. Gatti vivi sono stati murati anche sotto la Torre di Londra e sotto la Christ Church, proprio per obbedire alle superstizioni.
Nel 1344 avvenne un fatto orribile. Nella cittadina francese di Metz molte persone vennero colpite dalla corea, la malattia del sistema nervoso nota anche come Ballo di San Vito. La colpa del male venne ovviamente data ai gatti e così tutti quelli che si riuscì a trovare in paese vennero bruciati sulla pubblica piazza. Da quel momento si instaurò una macabra tradizione che durò fino al 1777. Ogni anno, per proteggere la cittadinanza dalle malattie, tredici gatti venivano rinchiusi in una gabbia di ferro e poi bruciati.
La pazzia non era però ancora finita. Nel 1484 papa Innocenzo VIII decretò la caccia alle streghe. Anche solo dar del cibo ad un gatto era sufficiente perché una donna venisse accusata di pratiche diaboliche. Si pensava anche che se non veniva subito praticata un’incisione a forma di croce sulla pelle dei gattini appena nati, questi all’età di sette anni si sarebbero trasformati in streghe. E si diceva anche che le donne anziane di notte prendessero la forma di gatti neri per andare a succhiare il sangue al bestiame nelle stalle.
I gatti, così come le donne accusate di essere streghe, erano condannati a soffrire in modo atroce e venivano perciò giustiziati nei modi più crudeli. Ad esempio chiusi in canestri di vimini e poi sospesi sopra il fuoco. In Belgio, i gatti venivano invece gettati dalle torri. Nella cittadina di Ypres era un festa annuale quella di lanciare gatti vivi dalla torre di Korte-Meers. L’usanza venne più volte soppressa e poi instaurata nuovamente, nel corso dei secoli. Ed è ancora viva e vegeta, con la sola differenza, fortunatamente, che i gatti ora sono di stoffa.
Con un simile massacro, è un miracolo che i gatti in Europa siano sopravvissuti. In effetti, andarono molto vicino all’estinzione. Ma si salvarono grazie alla loro intelligenza, alla capacità di riprodursi in fretta e all’aiuto dei contadini. Le assurde credenze religiose infatti erano diffuse soprattutto nelle città, ma in campagna, dove le persone lavoravano sul serio e toccavano con mano la fatica del raccolto, i gatti continuavano ad essere rispettati perché proteggevano i granai contro le insidie dei topi.
La Chiesa non riuscì mai, nonostante le scomuniche, bolle e minacce di supplizi eterni, a sradicare nei contadini l’amore verso il gatto.
ROBERTO ALLEGRI