A caccia della bellezza.
Il gatto di Ulisse Sartini
Quello tra gatti e arte è un rapporto molto stretto. Gli scultori e i pittori sono sempre stati affascinati dall’eleganza, dalle movenze sinuose, dalla perfezione delle forme del micio. E una volta il pittore Wesley Bates disse che “non c’è alcuna necessità di sculture in una casa in cui vive un gatto”. Ennio Bencini, pittore toscano trapiantato a Milano le cui opere sono considerate intrise di un profondo misticismo, ha scritto: “I gatti mi hanno fatto capire che rappresentano la cornice dorata di chi dedica loro amore e amicizia.”
In ogni secolo, in ogni periodo artistico, i piccoli felini sono stati presi come modelli e sono diventati i soggetti di opere d’arte diventate immortali. Li hanno immortalati Michelangelo e Leonardo da Vinci, il Tiepolo, i pittori fiamminghi come Pietre Bruegel il Vecchio, gli impressionisti Renoir e Manet. E poi Picasso, Marc Chagall, Andy Warhol.
Per tutti questi artisti il micio non è solo un soggetto dotato di bellezza da riprodurre sulla tela con la perizia delle mani ma si tratta anche di una fonte di ispirazione, di uno spunto verso la ricerca interiore che arricchisce non solo la produzione artistica ma la persona stessa. Questo punto di vista è ciò che mi ha confidato Ulisse Sartini.
Sartini è uno dei più importanti ritrattisti contemporanei e uno dei pochi artisti al mondo ad avere quadri esposti nelle cosiddette “Gallerie dell’Immortalità” cioè i Musei Vaticani a Roma, il Museo della Scala a Milano, il Museo del Nuovo Teatro della Musica ad Atene. Inoltre, è l’unico pittore italiano, dopo Pietro Annigoni, ad avere un quadro esposto nella prestigiosissima National Portrait Gallery di Londra. Ora, Sartini ha da poco concluso una importante personale a Milano, organizzata dalla Regione Lombardia nelle sale del bellissimo Palazzo Bagatti Valsecchi.
Si è portati a pensare che un artista del genere tragga ispirazione per le proprie opere dalle conversazioni con illustri pensatori, dai grandi spettacoli naturali come i tramonti o le tempeste sul mare oppure da solitarie riflessioni fatte davanti al fuoco. Ma oltre a tutto questo, Sartini si lascia guidare nel suo cammino artistico anche dai gatti, in particolare dal suo gatto Michele.
Quando parla del suo micio, Sartini acquista un gran calma e diventa serio. Ma la sua serietà è serena, come se stesse raccontando di un vecchio maestro o una persona cara della sua famiglia. <<Michele mi insegna molte cose>>, dice il pittore. <<E’ un privilegio vivere con lui, guardarlo camminare tra le mie tele e fermarsi ad osservarne una con quello che mi pare sia uno sguardo critico.
<< Io e il mio gatto abbiamo dei compiti molto simili e questo ci avvicina ancora di più. Entrambi abbiamo una ricerca da portare a termine, che ci occupa tutta la giornata. La passione di Michele è cacciare. Quando lo porto nella mia casa di campagna si dedica all’inseguimento di insetti e animaletti e la sua espressione è estatica. Ma se lui cerca le sue prede io mi abbandono tutto il giorno alla caccia delle forme e dei colori. Sono due tipi di caccia diversa ma rappresentano ugualmente l’arte. E uguale è la felicità che io e Michele proviamo nell’accarezzare io la mia e lui la sua. Io mi sento in pace quando afferro la bellezza nella mia rete. E il mio gatto è felice quando riesce a catturare un topo o una cavalletta. Ci dedichiamo in continuazione al raggiungimento di questa gioia. La pratica quotidiana, sotto l’influsso dell’istinto, ha reso Michele perfetto nel suo mestiere. E quanto a me, io cerco la bellezza giorno e notte, facendo luce nell’oscurità.>>
Roberto Allegri